
17 Giu Tuscia tra arte, storia, papaveri e ginestre in fiore
Tuscia tra arte, storia, papaveri e ginestre in fiore
20 – 25 Maggio 2023
Sarà che questo tour è stato il primo per me e per alcuni dei 27 partecipanti dopo il drammatico evento Covid ; sarà che è stato ben organizzato a tavolino dall’agenzia Brembo Viaggi e dal nostro Silvano, che sfortunatamente non ha potuto parteciparvi; sarà che il fascino dell’arte, della storia e delle bellezze naturalistiche di questa antica Etruria o TUSCIA, così chiamata dai Romani che la conquistarono ma che ne subirono il fascino e ne adottarono usi e costumi, ma questi 5 giorni, trascorsi tra Civita di Bagnoregio, Sutri, Civita Castellana, Bomarzo, Bolsena, Tuscania, Tarquinia, Viterbo, Caprarola, Vulci, sono stati veramente interessanti e piacevolissimi sotto ogni aspetto! Se chiudo gli occhi, i ricordi visivi si affollano e mi fanno rivivere le emozioni suscitate da quei luoghi storici, molti dei quali citati nei libri di storia dei miei lontani studi scolastici. E poi ci sono le decine e decine di foto scattate da me e dal gruppo che ogni sera arrivavano puntualmente sulla chat in comune. Insomma, cercherò di far rivivere, attraverso le parole scritte, le emozioni provate e di descrivere alcuni dettagli, in comune e non, dei luoghi visitati, molti dei quali sono stati set cinematografici di famose scene , come la Cripta della Chiesa di San Pietro a Tuscania per la morte della Giulietta di Zeffirelli o il Laghetto del Pellicone per il nuoto sincronizzato di Aldo e Giovanni in Tre uomini e una gamba.
Civita di Bagnoregio è davvero unica, arroccata su un panettone di tufo poroso rossiccio, che si erge su una conca di calanchi ed è raggiungibile grazie ad un lungo ponte e da una ripida strada in salita. E’ detta la città che muore per la continua erosione del tufo ma dopo quasi 3.000 anni è tuttora qua. Peccato non averne goduto appieno i colori delle sue vecchie case, dei vicoli e dei vasi fioriti in ogni angolo a causa della pioggia che ci ha accompagnati quasi per tutta la visita. Anche Sutri, detta la porta dell’Etruria, ci si presenta arroccata su un imponente rilievo di tufo che domina la via Cassia, attraversata dalla via Francigena, percorsa nei secoli da migliaia e migliaia di pellegrini diretti a Roma. Il suo ricordo più vivo è comunque l’altra rupe tufacea che domina l’anfiteatro romano naturale, un unicum di forma ellittica, e considerato come il sito archeologico più piccolo del Lazio. La rigogliosa vegetazione, che caratterizza quel luogo, custodisce ai suoi piedi una necropoli con celle, tombe a loculi e a camera, edicole, colombari e colombaie. Ma è soprattutto il Mitreo che lo contraddistingue dagli altri ricordi. Si tratta di un luogo di culto del dio Mitra trasformato in chiesina rupestre dedicata alla Madonna del Parto. Le cerimonie degli iniziati al misterioso Mitraismo, per molti aspetti simili al Cristianesimo, dovevano essere celebrate in un ambiente sotterraneo per ricreare la grotta in cui il dio Mitra era nato. A Sutri inoltre ammiriamo nel suo Duomo per la prima volta il pavimento mosaicato cosmatesco, che vedremo in altre chiese medievali della zona, coi suoi disegni geometrici di cerchi, quadrati e triangoli di colori diversi, che, secondo studi recenti, rappresenterebbe un algoritmo, codificato a distanza di secoli. Terza tappa a Civita Castellana e alla sua possente Rocca dei Borgia, soprannominata la Bastiglia italiana, che ospita il Museo Archeologico dell’Agro Falisco (a proposito la zona fu abitata dai Falisci, antico popolo dell’Etruria meridionale), visita d’obbligo per ammirarne i tesori custoditi, tra i quali mi è rimasto impresso un cranio con molto probabilmente la prima protesi dentaria in oro della storia! Anche dalla visita al suo Duomo ed all’antica cripta, emerge per un particolare ricordo, questa volta non solo visivo ma 2 anche uditivo: le note solenni del maestoso organo, suonato ora da un organista in carne ed ossa e tempo fa da un Mozart tredicenne, ritardano la nostra uscita e restiamo ad ascoltarlo in religioso silenzio…Ed infine il Ponte Clementino che con la sua altezza di 40 metri, in origine 54m, si erge sulla profonda forra, altra caratteristica di questa zona.
A Bomarzo, la visita al suo Parco dei Mostri o Sacro Bosco è stata un’incredibile esperienza di questo tour. Il Principe Pierfrancesco II Orsini, detto Vicino, volle trasformare, in memoria della moglie (praticamente un Taj Mahal del XVI secolo nell’alto Lazio), la sua tenuta di caccia in un labirinto di simboli, di enormi e mostruose sculture, scolpite nel peperino, la pietra lavica. Il sentiero nel bosco divenne un percorso simbolico spirituale, come nella metafora dantesca della Divina Commedia, per giungere alla Verità Suprema. Il Principe era un seguace dell’Occultismo, pur non pubblicamente dichiarato per timore di essere tacciato e perseguitato in quanto eretico. L’Ercole gigantesco che squarta Caco, la Casa Pendente, l’Elefante che sostiene con la sua proboscide il corpo morto di un centurione (forse un figlio dell’Orsini), la bocca spalancata dell’Orco pronto a divorarci, quando posiamo per la nostra prima foto di gruppo, sono solo alcune delle sculture disseminate nel bosco. Nel pomeriggio, sfidando Giove Pluvio, abbiamo fatto un bel giro in barca sul Lago di Bolsena e alle sue due isole, Bisentina e Martana, paradiso naturale per cormorani, aironi e anatre dal becco rosso, e visitato il borgo di Bolsena e la Chiesa del Miracolo dell’Ostia Sanguinante.
Altre due località bellissime ed interessantissime sono state Tuscania con le due Chiese di Santa Maria e di San Pietro (seconda foto di gruppo sul suo spiazzo erboso), dalle bellissime facciate ricche di simboli, colonnine, loggette, rosoni ed imponenti portali, e Tarquinia, che nel Medioevo cambiò il nome in Corneto, per la presenza di cornioli in zona, per poi tornare ad essere Tarquinia nel 1922. Qui abbiamo visitato la Necropoli di Monterozzi, sito UNESCO per le sue tombe sotterranee di 2.500 anni fa, molte delle quali affrescate con splendidi colori perfettamente conservati e che ci mostrano scene di vita quotidiana (simposi, servitori, danzatori, musici, scene di caccia e pesca, fiori, animali domestici e non), testimoni di un aldilà gioioso perché la morte non era altro che un cambiamento di uno stato ad un altro, simile al precedente. Tappa d’obbligo è stato il Museo Nazionale Archeologico che conserva veri tesori: dai sarcofagi agli oggetti di uso quotidiano agli stupendi attualissimi gioielli ed in particolare le splendide sculture della coppia di Cavalli Alati, di cui furono ritrovati pochi frammenti poi sapientemente ricomposti, e del gruppo marmoreo del Mitreo.
Con Viterbo, Caprarola e Vulci, siamo al giro di boa del nostro tour. La città dei Papi ci ha accolto con il sole che ci ha permesso di ammirarne le bellezze medievali: dal Palazzo dei Priori alla Torre del Borgognone, al Palazzo dei Papi (altra foto di gruppo sulla gradinata) dove si tenne dal 1268 al 1271 il primo conclave (chiusi a chiave dentro la sala per decidere l’elezione del nuovo Papa), alla Cattedrale di San Lorenzo, dove c’è il sepolcro vuoto di Giovanni XXI, il Papa erborista-mago, quasi al limite dall’essere giudicato eretico per i suoi studi, le cui spoglie sono sparite. Abbiamo inoltre visitato una parte della Viterbo sotterranea coi suoi innumerevoli cunicoli e gallerie, un vero labirinto scavato nel tufo che si sviluppa sotto i palazzi e le antiche case. E per finire il quartiere di San Pellegrino, rimasto esattamente com’era 900 anni fa.
E che dire dello splendido rinascimentale Palazzo del Principe Alessandro Farnese il Giovane per contraddistinguerlo dal nonno, divenuto Papa Paolo III a Caprarola, un borgo del tutto insignificante che invece ospita una cotanta bellezza? La costruzione si erge su una base pentagonale con cinque bastioni perché doveva essere una rocca ed ostenta proprio potere e ricchezza. Dall’atrio alla Scala elicoidale, alle innumerevoli sale e loggiati distribuiti su cinque piani, tutti affrescati, pareti e soffitti, con grandi scene – alcune vere e proprie scenografie dei soggetti più vari. Si resta davvero ammagliati da tanta grandiosità e bellezza, come pure passeggiando nel giardino segreto all’italiana che si trasforma poi in un vero e proprio parco con fontane, giochi d’acqua, Padiglione delle delizie, teatro-grotta naturale con vere stalattiti dove attori nani si muovevano dietro ad un sipario creato da una cortina d’acqua.
Ancora una volta la via Cassia, ma stavolta a ritroso, ci ha condotto a Vulci, ai confini con la Maremma Toscana. Ancora uliveti e sterminati campi di grano, quasi maturo, fiancheggiano la strada e larghissime macchie rosse di papaveri a iosa li costellano qua e là. “Fabrizio, fermati per piacere!” E l’autista ci accontenta. Sciamiamo giù dal pullman e, come bambini, corriamo verso quel mare di spighe e freneticamente scattiamo foto a raffica, chiediamo a qualcuno di fotografarci con quel mare alle spalle o restituiamo il favore fattoci…Un bellissimo ricordo da portarci via…E poi siamo ripartiti verso il Parco archeologico e naturalistico di Vulci. Spettacolare la zona dei resti etrusco-romani soprattutto la Domus dell’immenso Criptoportico, ossia i magazzini sotterranei, dove erano conservate le derrate alimentari nelle numerose celle refrigeranti, e le salette, dove godere della frescura naturale. A seguire la piacevole passeggiata nel fitto bosco fino al laghetto del Pellicone alimentato dal fiume Fiora che vi si getta con la cascatella tra le rocce basaltiche di tefrite.
Molte delle cose viste ed apprezzate non sono state citate in questa mia relazione, già fin troppo lunga. In conclusione, posso solo dire che questo angolo del nostro Bel Paese merita assolutamente di essere visitato!
Un particolare ringraziamento a Sandra, la nostra accompagnatrice; a Fabrizio, esperto autista che alla fine ha ceduto alle nostre ripetute richieste di fermarsi per permetterci di scattare qualche foto-ricordo paesaggistica; a Sonia, Maddalena, Annamaria, Roberto e Luca, guide professionalmente valide, anche se ognuna con la propria identità espositiva. Tutti loro hanno fatto sì che questo viaggio culturale e paesaggistico non risultasse affatto simile ad una noiosa, ripetitiva e nozionistica lezione di storia ma che fosse veramente secondo il detto con cui ci ha salutato Roberto: chi vive, vede molto ma chi viaggia, vede di più!
By Silvia Iaia
Foto dei partecipanti.